Il Video Virale perfetto: istruzioni per l’uso

Dopo il post sul Volantino perfetto ho pensato di scriverne uno simile sulla pubblicità virale. Nell’incontro del Club di Dicembre Manuela Violoni aveva affrontato l’argomento della sinestesia indotta dal video pubblicitario evidenziando come le emozioni opportunamente sollecitate sono alla base dello spot efficace. Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere un articolo molto interessante su quali sono le caratteristiche che rendono un video pubblicitario il più scaricato e condiviso della rete. L’autore è Thales Teixeira, professore di business administration alla Harvard Business School. L’articolo originale è scaricabile gratuitamente (previa iscrizione) dal sito HBR. Teixeira tramite test sui consumatori effettuati con l’ausilio di strumenti molto sofisticati (eyetracking e sistemi per decodificare le espressioni facciali e le emozioni sottostanti) ha evidenziato una serie di elementi che nei video catturano l’attenzione e inducono ad una fruizione personale o condivisa. Esaminiamoli in dettaglio:

brand poco visibile: sembra che i video in cui il marchio appare fugacemente siano più efficaci nel comunicare il brand stesso perchè aggirano la naturale diffidenza del consumatore verso i tentativi di persuasione. Un esempio da manuale è Happiness Factory di Coca Cola dove la bottiglia è mostrata più volte ma sempre velocemente. Il massimo dell’efficacia secondo l’autore si otterrebbe se si riuscisse a produrre un video in cui il brand non compare per nulla ma lo spettatore lo identifica comunque;

sorprendere sin dall’inizio: gli spettatori si annoiano e smettono di guardare uno spot molto facilmente ed è per questo determinante coinvolgerli emotivamente sin da subito. Risulta invece meno efficace un approccio classico, con ritmo crescente e sorpresa finale.

Due gli esempi positivi citati: Get a Mac, la parodia di uno spot Apple in cui un inatteso Mr Bean interagisce con il presentatore e Swear Jar il simpatico spot di Bud Light dove tutti gli impiegati sono obbligati ad inserire una moneta in un salvadanaio ogni volta che dicono una parolaccia;

Le emozioni da sollecitare devono essere positive (gioia, divertimento, umorismo…), coinvolgenti e condivisibili. Lo spot che crea un effetto choc rischia di essere visualizzato ma non condiviso. Un esempio negativo a riguardo è lo spot Clothing Drive sempre di Bud Light che è tecnicamente perfetto ma gioca su canoni che possono urtare la sensibilità individuale. I risultati in termini di visualizzazione sono alti (1,9 milioni) ma di molto inferiori agli oltre 5 milioni di Swear jar proprio perchè chi lo ha visto è stato meno propenso a condividerlo con gli altri. E la condivisione è l’effetto moltiplicatore che porta un video a diventare una hit.

alternare tensione e rilassamento: il ritmo narrativo, anche se ben studiato e comprensivo dei due aspetti esaminati prima (brand poco visibile e sorpresa sin dall’inizio) non deve essere costante. E’ più efficace alternare stati emotivi diversi. Bisogna evitare, infatti, che lo spettatore si adatti e finisca per non percepire con la stessa intensità la sorpresa o il piacere che ha provato un istante prima. Un video che risponde a questi requisiti e ai due evidenziati precedentemente è Roller Babies di Evian  che presenta diverse sorprese e una pausa importante proprio al centro dell’azione. Il video è uno dei clip più gettonati in assoluto della rete con oltre 54 milioni di visualizzazioni.

Di tutte le regole evidenziate da Teixeira quella che mi ha sorpreso di più (e piacevolmente) è la maggior efficacia data da emozioni positive e non scioccanti. In un mondo così veloce e pieno di informazioni a portata di mano sembrava che per emergere fosse necessario dare un pugno nello stomaco sempre e comunque. Sicuramente la strada facile per ottenere i 15 minuti di notorietà è quella ma non porta molto lontano. La rete ha un potere superiore dato dalla libertà che ogni utente ha di condividere quello che vede. E questa fortunatamente è una moneta che fa guadagnare chi produce contenuti di valore.

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