Biografia Estesa

“Everybody has talent, but ability takes hard work.”
― Michael Jordan

Nato a Bari tre anni prima che l’uomo posasse il primo piede sulla luna, sono sempre stato affascinato da ciò che è lontano da me, sia in termini fisici che astratti. Cercare mete ambiziose e colmare le distanze è parte del mio patrimonio genetico.

La prima distanza importante si è presentata verso la fine dei miei studi universitari. A Namur, in Belgio, ho frequentato per sei mesi l’Université Notre Dame de la Paix nell’ambito del primo scambio di studenti Erasmus. Era l’anno in cui cadeva il muro di Berlino e si sgretolavano le barriere tra culture differenti. E’ stata una sfida esaltante seguire due corsi di calcolo delle probabilità (processi stocastici e statistiche non parametriche) e contemporaneamente imparare il francese, sbobinando le cassette che registravo durante le lezioni.  I mesi trascorsi in Belgio, oltre a consolidare le basi metodologiche della mia formazione statistica, sono stati un’importante palestra di vita che mi ha fatto acquisire apertura mentale e capacità di adattamento. In Belgio è nato l’interesse per la birra che è poi diventata una vera passione portandomi anche a sperimentare l’auto produzione. Ne ho provate tante e continuamente alimento il mio database di degustazioni. La mia preferita, da allora, continua ad essere la Chimay Tappo Blu.

Tornato in Italia e laureato in statistica il mio desiderio era lavorare nel campo delle ricerche di mercato. Mentre iniziavo la trafila dei colloqui ho vinto una borsa di studio del Formez per frequentare un corso sull’implementazione di un sistema di qualità totale. Il corso è stato illuminante perchè mi ha fatto capire una verità che sembra banale: un’azienda lavora in modo eccellente se rispetta i processi. Poi ho realizzato che in realtà questa è una condizione necessaria ma non sufficiente. Oltre i processi e dentro i processi ci sono le “persone” che interagiscono con un grado di cura, motivazione, attenzione, propositività che non si può dare per scontato.
Il corso prevedeva uno stage finale di un mese in azienda e c’era l’opportunità per i corsisti di trovarne una disponibile ad accoglierli. Facendo tesoro di quanto una mia insegnante mi consigliò (“non ci sono libri, le ricerche di mercato le impari facendole”), zaino in spalla ho colmato la seconda distanza importante. Partito la sera da Bari in treno, alle 6 di mattina ero a Milano. Da una cabina telefonica ho iniziato a chiamare una serie di istituti di ricerca fino a che uno di loro mi ha fissato un appuntamento in giornata. Alle orecchie del direttore della produzione non sarà sembrato vero che c’era qualcuno che era disponibile a lavorare gratis per loro. 
Qualche giorno dopo ho iniziato lo stage in Databank dove, come progetto, ho creato un’indagine di clima interno (questionario, elaborazione, report). Era la prima volta che in un’azienda come questa, leader nazionale nelle ricerche di customer satisfaction, veniva effettuata un’operazione di ascolto dei 200 consulenti che vi lavoravano. Le sorprese alla lettura dei dati non sono mancate e lì ho capito che se si ascoltano le esigenze dei dipendenti e si mettono in pista dei correttivi adeguati, l’azienda può fare un salto di qualità notevole. Neanche il tempo di ultimare lo stage e avevo in tasca una proposta di lavoro.
In Databank ho imparato a “fare” le ricerche di mercato. Sono partito conducendo personalmente un’indagine qualitativa sui centri termali (ho intervistato personalmente una decina di medici e operatori turistici). Poi come Ricercatore ho condotto una cinquantina di progetti in due anni, seguendo tutte le fasi della filiera: dalla creazione del questionario al brief agli intervistatori, alla programmazione del software C.A.T.I. (nel mio caso era un programma costruito in linguaggio C che girava in ms-dos), elaborazione dei dati, stesura del report e presentazione al cliente finale.  Mi sono occupato dei mercati più disparati in area finanziaria (leasing, factoring, credito al consumo, …) e largo consumo (prodotti alimentari, detergenza, elettrodomestici, oggetti di lusso,…), canali B2C e B2B, progetti ad hoc e multiclient. E’ stata l’esperienza più varia e più vasta che mi sia capitata.
Dopo due anni era arrivato il momento di andare avanti. La mia curiosità era attratta da tutte quelle aziende a cui andavo a presentare i lavori: poi cosa ne facevano? come usavano le informazioni?
L’occasione è capitata su un annuncio del Corriere della Sera: una multinazionale cosmetica, Wella, cercava un assistant ricerche di mercato per la sua sede di Castiglione delle Stiviere. Vado a cercare una cartina geografica (nel 1995 google maps non esisteva) e noto che è un paesino situato tra le colline moreniche nei pressi del Lago di Garda. L’occasione giusta anche per lasciare Milano che è una città dai tanti meriti ma non tagliata per la qualità della vita. Dopo tre colloqui, l’ultimo dei quali con il direttore generale tedesco alto due metri e dall’inconfondibile accento, entro a far parte di una organizzazione che è sicuramente stata tra le eccellenze delle aziende italiane di quegli anni. Lo è stata per il valore delle persone e della leadership da questi esercitata sia nell’ordinaria amministrazione sia nella conduzione di progetti innovativi e visionari.  Lo è stata per l’attenzione alla formazione, alla qualità della vita dei dipendenti, alla valorizzazione dei talenti. Lo è stata per quell’atteggiamento tipico delle avanguardie che esplorano nuovi territori, costruiscono e consolidano avanposti e poi vanno oltre.
Wella Italia nel periodo a cavallo tra metà degli anni novanta e l’inizio del duemila è stata un’azienda che ha creato prodotti e servizi innovativi per i clienti e ha raggiunto ambiziosi obiettivi di fatturato.

Il mio ingresso in Wella come Assistant ricerche di mercato, tuttavia, non è stato dei più felici. L’ufficio ricerche era isolato rispetto all’azienda e il suo capo, prossimo alla pensione, aveva un rapporto conflittuale con la maggior parte dei colleghi. L’ufficio produceva report inutili e il marketing aveva imparato a bypassarlo nel reperimento dei dati, nei contatti con i fornitori e addirittura nei contatti con il reparto ricerche della casa madre. L’atmosfera era pesante. Ho reagito a questa situazione coltivando i rapporti con i colleghi, assicurando sempre disponibilità, collaborazione e supporto alla soluzione dei problemi, mediando il più possibile i rapporti tra loro e il mio capo. Dopo un anno il responsabile è andato in pensione e io ho preso il suo posto. Per tornare al centro dell’attenzione del marketing e dell’azienda ho innanzitutto reso “trasparente” l’attività dell’ufficio: ho creato un database dettagliato di tutte le ricerche disponibili, con caratteristiche e tipo di info contenute e condiviso tramite la intranet. Mi sono proposto come autore in prima persona di ricerche di mercato (sfruttando la mia esperienza precedente) e dirigendo il lavoro di stagisti che effettuavano le telefonate: questo consentiva al reparto marketing di effettuare notevoli risparmi di budget che poteva essere dirottato verso altre iniziative. Progressivamente sono stato sempre più coinvolto nei progetti marketing e, gestendo in prima persona la raccolta di informazioni, potevo pormi in modo consulenziale nei confronti dei miei colleghi. Questo mi ha fatto diventare un punto di riferimento. Ho imparato che la chiave di volta del coinvolgimento è quella di vivere gomito a gomito con le persone, respirare le loro ansie e i loro problemi. E dare una mano.

Ho perfezionato il database delle ricerche di mercato facendolo diventare un vero e proprio portale nella intranet aziendale, in cui sono riuscito via via a catalogare e rendere disponibile in maniera semplice e immediata, tutta la conoscenza derivante dalle ricerche negli ultimi 10 anni in azienda. Ho digitalizzato tutti i documenti e dotato il sistema di un motore di ricerca che leggeva le parole chiave contenute, facilitando così la ricerca dei documenti. Era il 1997, non erano strumenti così scontati: lo stesso Google sarebbe nato l’anno successivo. 

Il concetto di knowledge management, di gestione e condivisione della conoscenza è stato alla base di un altro progetto che ha riguardato la competitive intelligence, la raccolta sistematica, strutturata e olistica delle informazioni sui concorrenti. In questo caso i tempi erano maturi per creare un vero e proprio sito internet con tutte le sue funzionalità, accessibile dall’esterno in modalità sicura. La particolarità del progetto è stata quella di unire in un unico contenitore le informazioni reperibili da una attività desk a quelle raccolte di prima mano da alcuni degli agenti di vendita selezionati in base alla zona di lavoro e adeguatamente formati (nel training ho coinvolto anche un ex agente dei ROS). Il progetto ha vinto l’Oscar dell’Innovazione 2001, il riconoscimento che premiava l’innovazione più rilevante introdotta in azienda.

Un altro lavoro di cui sono particolarmente orgoglioso è stato quello del Panel Clienti. Il progetto prevedeva la raccolta, l’elaborazione e il confronto dei principali dati economici dei punti vendita aderenti all’iniziativa. L’operazione era una perfetta win-win. Il vantaggio per il cliente era quello di poter confrontare i propri indicatori con gli altri colleghi e capire dove migliorare. Il vantaggio per l’azienda era quello di ottenere dati aggiornati e realistici sull’andamento del mercato. Innovativa è stata anche la modalità di delivery delle informazioni al cliente nel rispetto della privacy e della riservatezza dei dati.

Ma i due progetti che in assoluto mi hanno più coinvolto sul lato professionale e personale sono stati in due ambiti lontani dal terreno della raccolta e condivisione dei dati, che hanno messo in moto altre abilità che restavano un pò sottotraccia. Il primo, chiamato “Osservatorio della Realtà” era un progetto nell’ambito della formazione manageriale: è stato il più longevo progetto aziendale e l’ho gestito dalla sua nascita nel 1999 fino alla sua chiusura nel 2006. Era articolato in eventi, giornate in house e attività di cool hunting per approfondire i trend e le loro possibili influenze sulle strategie aziendali. Mi occupavo sia della parte organizzativa che della realizzazione stessa delle presentazioni. In sette anni ho realizzato oltre 40 eventi formativi coinvolgendo anche relatori molto autorevoli nelle rispettive discipline. L’altro progetto, WOW, si sviluppava nell’ambito dell’innovazione pura. Ne parlo in un articolo apposito.Marchio lekkerland

Poi cosa è successo? Nel 2003 Wella è stata acquistata da P&G e come quasi sempre avviene in questi casi, quelle che sono le peculiarità di una organizzazione devono confrontarsi con le necessità di ottimizzazione del nuovo proprietario. Il processo di integrazione tra le due multinazionali, profondamente diverse per cultura, tipo di clienti e modalità di approccio al mercato, non è stato facile. Lo stesso AG Lafley, ex ceo di P&G,  ha ammesso che non tutto è andato per il verso giusto e io ho espresso la mia opinione in un articolo dedicato.  
 
L’esperienza che ho fatto in P&G è stata comunque formativa. Tra le tante cose ne ho imparata una fondamentale che è la determinazione nel portare avanti i progetti. Sono rimasto affascinato dall’atteggiamento di alcuni dei miei colleghi nell’andare avanti nonostante mille difficoltà, puntare all’obiettivo e non fermarsi mai fino al suo raggiungimento.
Da allora questa determinazione l’ho fatta mia. 
Verso la fine del 2010 ho lasciato Wella/P&G per approdare in una realtà totalmente diversa.
Una nuova distanza da colmare, una nuova opportunità per imparare.

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