Hygge è il segreto della felicità dei danesi ma noi italiani non saremmo da meno

In un recente viaggio in Danimarca ho cercato di capire se in pochi giorni di permanenza era possibile sperimentare in prima persona gli effetti della nazione tra le più felici al mondo.

Prima di partire ho studiato.
I danesi attribuiscono la loro felicità all’Hygge. Il termine risale al 19° secolo e deriva dalla parola germanica “hyggja” che significa pensare o sentirsi soddisfatti. Non ci sono traduzioni esatte di questo termine. “Accogliente” potrebbe essereun tentativo di tradurre il termine ma non è sufficiente a spiegarne in modo esaustivo il concetto.

Diciamo che significa creare un’atmosfera confortevole, piacevole, intima e un’ interazione equilibrata che si basa sul godimento del momento, del cibo, dello stare insieme.
Questo concetto è considerato un

fattore così determinante per la felicità che alcune università del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno iniziato ad offrire dei corsi Hygge.
Gli effetti dell’Hygge sulla parte meno abbiente degli abitanti della Danimarca sono sorprendenti: uno studio del 2009 di Robert Biswas-Diener ha evidenziato che mentre i ricchi americani e danesi sono felici in modo uguale, ciò non è così per i danesi a basso reddito che sono, invece, molto più felici rispetto ai loro omologhi americani.

Le cinque regole Hygge che favoriscono un clima piacevole, rilassato e intimo sono:

  1. essere se stessi, con i propri pregi e difetti, senza l’affanno di dimostrare quello che non si è, senza la necessità di rubare la scena e essere sotto i riflettori;
  2. non vantarsi o lamentarsi;
  3. non cercare lo scontro ma privilegiare discussioni equilibrate;
  4. collaborare alla creazione di un bene comune, che sia un progetto di lavoro o il preparare la cena;
  5. non giudicare per non essere giudicati;

Come si traducono nella vita di ogni giorno? In due parole: FIDUCIA e RISPETTO.

Non sono valori estranei a noi italiani. Come sono tipici della nostra cultura il culto della tavola, il rilassarsi passando anche ore a parlare in un’atmosfera distesa gustando piatti magari più appetitosi di quelli danesi.
Ma allora dov’è la differenza?
Credo sia esplicativo un piccolo aneddoto che mi è capitato e riguarda la prenotazione della stanza dell’hotel in cui ho soggiornato.
Ho scelto l’hotel in base alla posizione e ai giudizi degli ospiti, effettuando prenotazione e pagamento online.
Ho ricevuto il numero della camera e la “chiave” con un messaggio in cui mi veniva fornito il codice per accedere. Door Code Hotel
Non mi è stato chiesto alcun documento, relativo a me o alle persone che erano con me, nè all’inizio del soggiorno, nè al termine. Nel mio caso non c’era una chiave fisica da restituire e quindi dovevo solo eventualmente dichiarare le consumazioni fatte al frigobar.
Ho chiesto spiegazioni alla reception e mi hanno risposto che è sufficiente per loro avere la carta di credito.

I danesi la fiducia te la danno prima, partono dal concetto che sei una brava persona, che starai al gioco, rispetterai il patto. Questo permette loro di creare una società semplice: siamo tutti sulla stessa barca, ci aiutiamo, non abbiamo bisogno di avere strumenti di controllo eccessivi.

Noi italiani la fiducia la diamo dopo. Dobbiamo essere sicuri che chi prenota sia quello che dice di essere, che non si porti altre persone non paganti in camera o che non accolga terroristi.

Siamo sicuri di meritare tutte queste complicazioni?
I furbetti del cartellino, i raccomandati, i tangentisti sono così tanti da giustificare una prassi non basata su FIDUCIA e RISPETTO?

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