Il futuro del mercato del lavoro

Il futuro del mondo del lavoro - Antonio De BellisEntro il 2030 il 47% dei lavoratori rischia di perdere il lavoro perché impiegato in una occupazione automatizzabile.

E’ uno dei dati che ho presentato al convegno organizzato da Gianfranco Soldera il 30 giugno a Moltancino sul tema “La robotizzazione sta cambiando e cambierà drasticamente le offerte di lavoro soprattutto per i giovani e ciò avrà un impatto importantissimo sull’economia, sul sociale e sul morale dei giovani: quali soluzioni sono ipotizzabili e possibili a breve, medio e lungo termine.”

Ho ricavato tale statistica dallo studio “The Future of Employment: How susceptible are jobs to computerisation?” pubblicato qualche mese fa da Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, due ricercatori della prestigiosa Oxford Martin School.

Questa ricerca esamina l’impatto dell’informatizzazione sul mercato del lavoro attraverso l’analisi dettagliata di 702 occupazioni, incluse le cosiddette “Non Routine tasks” cioè quelle attività non ripetitive sia a livello manuale (come ad esempio la guida di mezzi di trasposto) sia a livello cognitivo (diagnosi mediche, analisi di bilanci,…).
E la realtà sembra superare la fantasia se consideriamo tecnologie non ancora affermate che hanno aperto le porte all’automatizzazione di funzioni che fino a poco tempo fa si pensava non potessero essere demandate ad una macchina, in particolare:

  1. lo sviluppo dei sensori e della robotica nei campi più disparati (domotica, manutenzione, agricoltura,…);
  2. l’uso di gps e mappe stradali dettagliate che consentono lo spostamento autonomo del prototipo della Google Driverless Cars;
  3. l’intelligenza artificiale applicata all’analisi di testi e dati: sono già in uso in ambito legale le piattaforme di E-discovery che permettono di estrarre le informazioni rilevanti da migliaia di fonti (mail, documenti di testo, audio e video) e organizzarle per creare memorie dibattimentali oppure programmi come Wordsmith che presso alcune redazioni di giornali si occupano già di scrivere autonomamente articoli con un tono a scelta (neutro, ironico,…) per poi veicolarlo automaticamente sui social media;
  4. l’impiego di computer dalla straordinaria potenza di calcolo. Il Memorial Sloan-Kettering, uno dei più importanti ospedali al mondo, ha iniziato ad alimentare Watson, il supercomputer di Ibm, con milioni di pubblicazioni scientifiche e analisi cliniche per creare una competenza super sosfisticata al fine di effettuare diagnosi sempre più corrette e terapie personalizzate.

Tutte queste innovazioni avranno un impatto sempre più importante sulle professioni. L’inedita classifica, di cui riporto un estratto, vede ai primi posti dei lavori a rischio posizioni insospettabili fino a qualche anno fa: operatori telemarketing, contabili, analisti di laboratorio, radioterapisti, assistenti legali, autisti, …
Non sono a rischio, invece, quelle attività con una forte componente creativa o manuale.

Professioni a rischio entro il 2030 e cambiamenti demografici
Per completare il quadro sul futuro del mercato del lavoro ho considerato i cambiamenti demografici. Meno nati e una popolazione sempre più longeva prefigura un futuro in cui non ci sarà un ricambio generazionale e crescerà la domanda di servizi assistenziali. L’aumento dell’emigrazione dalle regioni meridionali verso il Nord e dall’Italia verso l’estero sta già causando un impoverimento del capitale umano del paese nel suo complesso e di alcune zone più di altre. E i giovani diminuiscono non solo perchè nascono meno bambini ma anche perchè quelli validi vanno via alla ricerca di opportunità migliori.
Soluzioni e percorsi
Nei prossimi anni l’informatizzazione provocherà profondi cambiamenti nel mercato del lavoro: molte professioni scompariranno a meno che la componente umana non farà la differenza rispetto alla fredda efficienza di un computer. Durante il mio intervento ho mostrato alcuni esempi in cui l’uomo ha ancora la possibilità di dire la sua e, anzi, può sfruttare importanti opportunità usando creatività e capacità di relazionarsi con le persone.
Soluzioni definitive non ce ne sono ma quello di cui sono convinto è:

  1. il capitale umano se opportunamente valorizzato è capace di generare innovazione che è il motore trainante di qualsiasi soggetto economico, sia esso un ente pubblico o un impresa privata: l’innovazione  produce crescita e nuove opportunità;
  2. dobbiamo essere in grado di creare e perseguire una cultura meritocratica. Chi vale, si impegna, è bravo deve ottenere quello che merita ed è nello stesso interesse di chi usufruisce dei suoi servizi. Se riuscissimo ad esempio a creare un meccanismo di valutazioni “dal basso” come avviene per i siti in cui gli utenti giudicano gli hotel e i ristoranti, esteso a tutte le professioni e i servizi, eleveremmo i migliori ed emargineremmo i peggiori;
  3. i giovani vanno contattati tramite i loro canali di comunicazione (quante istituzioni pubbliche e private li conoscono e li usano?) e coinvolti con progetti sfidanti che facciano leva sulle loro passioni.

Variazioni uso email per fasce di etàGianfranco Soldera ha presentato al convegno un promemoria i cui punti salienti sono:

  1. bisogna insegnare ai bambini sin dall’asilo la manualità e l’uso della fantasia, la cultura della raccolta differenziata e del riutilizzo, la lavorazione della terra e il rispetto dell’ambiente; vi sono esempi attuali di istituzioni scolatiche che vanno approfonditi e possono essere estesi a livello nazionale (Rinnovata Pizzigoni, asili di Reggio Emilia,…);
  2. le coscienze in questo modo si formano alla valorizzazione di quello che si ha e alla cultura dell’impegno per ottenere le cose;
  3. un ruolo centrale, più della scuola, è quello della famiglia che non può prescindere dalla sua funzione di educatore; importante anche il ruolo dei nonni che possono tramandare le loro conoscenze;
  4. il lavoro che le macchine non potranno mai sostituire è nell’ambito della sanità, della salute, dell’arte, della moda e del turismo, della valorizzazione della terra e del territorio.

Sono d’accordo su tutti i punti del promemoria. Aggiungo tuttavia che è importante guardare al futuro con l’idea che possa essere totalmente diverso dalla realtà a cui siamo abituati. Siamo proprio sicuri che la formazione, ad esempio, tra qualche anno continui ad essere svolta in aula come ora? L’evoluzione dei corsi MOOC, che nell’ultimo anno hanno avuto una crescita vorticosa, lascia pensare che le Università tra un po’ saranno profondamente diverse.

 

3 commenti su “Il futuro del mercato del lavoro”

  1. Se interessante e coinvolgente è stata la giornata (complici l’ambiente e il vino da 300 € a bottiglia), ancora più belle sono le riflessioni portate dalle relazioni di Antonio e di Mario Pazzaglia e dai dibattiti con i numerosi accademici presenti. Un po’ pessimistica forse la tesi che vede mancare ai giovani la qualità più importante per il futuro: la capacità relazionale. Però allo stato attuale è così. Cercare responsabilità può essere utile, ma ancora di più è il progettare interventi capaci di cambiare questa tendenza.

  2. Buongiorno prof. Odello e De Bellis,
    trovo molto interessante l’argomento e vi invidio l’ambiente e il vino.
    Si parla molto di come superare la crisi ma le ricette sono sempre quelle, vecchie e inutilizzabili. Basta vedere ad esempio che fine farà la ricetta “delocalizzare in Cina”: già oggi si parla di back reshoring o ri-localizzazione, cioè riportare in patria le attività che richiedono attenzione, creatività e qualità (http://nuvola.corriere.it/2014/07/06/in-cina-non-trovano-la-qualita-e-le-fabbriche-tornano-in-italia/).
    Sono d’accordo con De Bellis che il futuro sarà molto diverso dalla realtà a cui siamo abituati. E’ per questo che bisogna investire fin da piccoli sulla creatività. E’ vero anche che le relazioni o la capacità di relazionarsi e la scoperta della propria vocazione saranno i fattori critici su cui puntare (per il primo non bastano i social network, anzi). Per esperienza diretta vedo che sta cambiando molto anche il mondo degli adulti, infatti cresce la domanda di strumenti per re-inventarsi. Mi trovo molto coinvolto con la mia attività di coach ad allenare gli imprenditori allo sviluppo delle proprie potenzialità, della propria auto-efficacia e a ricercare la propria felicità.

  3. Mauro grazie per il contributo. Molto interessante l’articolo del link: nelle parole del presidente di Piquadro sono sintetizzati due aspetti importanti. Il primo è la cultura: non c’è innovazione senza conoscenza e cultura e il nostro paese ne ha da vedere in molti ambiti. Il secondo aspetto sono i fornitori come driver dell’innovazione. In una delle slide che ho mostrato al convegno tratto da uno studio di Ibm, le due principali fonti di idee innovative in una azienda sono i dipendenti, al primo posto, e i fornitori, al secondo. La scelta di partner di valore è un importante fattore di successo.

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