La Negoziazione assistita dalle Emozioni

In una recente pubblicazione di Alison Wood Brooks ho avuto l’opportunità di approfondire il ruolo che giocano le emozioni nella negoziazione.
Una serie di studi scientifici evidenziano che il mancato controllo di ansia, ira, frustrazione, … ha effetti negativi e sfavorevoli nella trattativa.
Le ricerche si spingono a quantificare le performance non ottimali anche in termini economici: i negoziatori ansiosi, ad esempio, concludono accordi meno attrattivi mediamente del 12% sul piano finanziario rispetto ai loro colleghi neutri sotto questo parametro.
Esaminiamo di seguito com’è possibile far in modo che la negoziazione sia assistita dalle emozioni e non un suo ostaggio.

Ansia
Il nostro obiettivo durante una trattativa dovrebbe essere quello di gestire il nervosismo per renderlo meno visibile alla controparte. Ci sono due metodi di provata efficacia:

  • esercitarsi. L’ansia è generalmente dovuta alla reazione verso stimoli nuovi, pertanto più gli stimoli diventano familiari più ci sentiremo a nostro agio. La tranquillità si acquisisce simulando ripetutamente la negoziazione di accordi. Gli psicologi clinici che curano l’ansia si affidano in molti casi alla terapia dell’esposizione: coloro che hanno paura di volare, per esempio, vengono esposti progressivamente a questa esperienza, prima abituandosi al contesto e ai rumori, poi accomodandosi sui sedili di un aereo di linea e infine facendo dei viaggi;
  • affidare la trattativa ad un esperto esterno che è abituato a negoziare, conosce bene il processo ed è meno coinvolto personalmente nel risultato. Atleti, scrittori, attori, e persino alcuni grandi manager, si affidano ai procuratori per la stipulazione dei contratti. Anche se questo approccio comporta dei costi, essi vengono spesso più che compensati da condizioni migliori che si possono ottenere.

Ira
L’ira nuoce alla negoziazione perché esaspera il conflitto, fa diminuire la cooperazione, intensifica il comportamento competitivo e accresce il tasso di rifiuto delle offerte. Anche qui, due metodi:

  • chiedere una pausa. Se la tensione sale è utile fermarci per riprendere la calma;
  • convertire la rabbia in tristezza. Se l’ira pura e semplice conduce spesso a uno stallo, una tristezza condivisa può portare a concessioni reciproche.

Delusione
Quando una trattativa si svolge o si conclude troppo in fretta, i partecipanti tendono a sentirsi insoddisfatti. Si chiedono se avrebbero potuto fare o chiedere di più. Per ridurre le probabilità di rimanere delusi è necessario procedere lentamente e con metodo, adeguando le aspettative all’evoluzione del processo.

Rammarico
A differenza della delusione, il rammarico subentra quando si riflette sui passi falsi o sugli errori che si sono commessi. Molto spesso ci si rammarica per le omissioni, le azioni che non abbiamo intrapreso. Un utile suggerimento, valido in generale in qualsiasi trattativa, è quello di fare molte domande. Questo permette di porre sul tavolo anche informazioni che sembrano poco rilevanti ed esplorare tutte le strade possibili. Chi pone tante domande, inoltre, tende a essere più apprezzato e viene a sapere più cose.

Non tralasciare, infine, la possibilità, una volta terminata la trattativa, di effettuare “l’accordo successivo all’accordo“. Quando sul tavolo c’è un’intesa che va bene a tutti la tensione si è stemperata e si instaura il clima ideale per cercare qualcosa che renda l’accordo ancora più soddisfacente per entrambe le parti.

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