Il fallimento come motore dell’innovazione

In una recente intervista concessa da AG Lafley (consultabile nella sua versione integrale qui ) l’ex CEO di Procter & Gamble evidenzia quanto siano stati importanti nella sua vita professionale gli apprendimenti tratti dagli errori.  Due le domande su cui mi sembra interessante soffermarsi.

Ha scoperto come mai P&G ha fallito le acquisizioni così spesso?

Sì, non sorprendentemente, non è una scienza esatta. Abbiamo trovato cinque cause fondamentali del fallimento: l’assenza di una strategia vincente per la combinazione delle aziende, un’integrazione lenta e non correttamente eseguita, un’attesa vana di sinergie che non si concretizzano, culture diverse incompatibili, una leadership incapace di lavorare su un terreno comune.

Alla luce di questa consapevolezza, è stato Gillette un caso perfetto di gestione di una acquisizione?

No, l’incorporazione di Gillette non è stata perfetta. Abbiamo condotto continue valutazioni di ogni elemento di acquisizione di Gillette. C’erano un sacco di cose che avremmo potuto fare diversamente e meglio. In particolare, sullo sviluppo e la crescita delle persone. Personalmente ho speso un sacco di tempo a cercare di garantire che le persone appartenenti alla leadership di Gillette acquisissero i giusti incarichi, ma abbiamo perso alcuni elementi che non volevamo perdere e non abbiamo avuto tutte le persone di Gillette nelle posizioni corrette per partire. Useremo queste lezioni nelle successive acquisizioni.

L’analisi di Lafley è ineccepibile e lo dico con cognizione di causa perchè personalmente sono stato dalla parte degli “acquisiti” quando lavoravo in Wella e ho vissuto sia l’integrazione che la successiva operatività della nuova azienda. C’è un aspetto importante che non emerge o viene dato per scontato. Le acquisizioni devono produrre utili con l’abbassamento dei costi. Questa diminuzione viene perseguita tramite la semplificazione dei processi e la riduzione del personale. In entrambi i casi si perde “cultura” (di mercato, di clienti, di prodotto, di come si fanno le cose). E questa cultura, che è un patrimonio inestimabile delle organizzazioni vincenti, è difficilmente recuperabile.

La lezione che ho imparato io dai fallimenti professionali che ho vissuto e che ho visto accadere attorno a me mi ha convinto che le aziende che hanno le carte in regola per innovare:

  1. valorizzano le peculiarità, le diversità, le situazioni border line con l’ottica di ricavarne linfa nuova per andare oltre il quotidiano
  2. evitano di punire gli errori se questi sono commessi in buona fede e nella ricerca positiva di nuove soluzioni
  3. sviluppano una cultura di fiducia, collaborazione e aiuto reciproco in tutti i livelli dell’organizzazione
La ricetta appena esposta sembra semplice ma non lo è.
Non va dimenticato, infine, che il perno di tutto sono proprio le persone, che devono avere dentro di sè le giuste caratteristiche e devono essere messe nella condizione di esprimerle. E anche qui, non è così scontato.

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